Font, cosa sono e perché sono importanti
nell’analisi documentale
Cosa sono i font, qual è la loro storia e perché sono utili nelle indagini forensi sui documenti digitali: ecco tutto quello che bisogna sapere sui caratteri digitali
I font sono importanti strumenti di comunicazione, riflesso di epoche e cambiamenti culturali e di scelte personali. Nell’ambito forense lo studio e la conoscenza dei font diventa cruciale in caso di falsi documentali: oggi è possibile avvalersi rapidamente di software di lettura dei font implementati con ampi database e AI, agevolando l’indagine del professionista che deve comunque osservare in modo analitico il documento e saper coniugare l’analisi documentale con quella strumentale.
Cosa sono i font
I font sono insiemi di caratteri con uno stesso stile grafico, usati per visualizzare il linguaggio scritto. Nell’epoca della digitalizzazione la loro forma e funzione sono cambiati radicalmente, soprattutto con la transizione dal supporto cartaceo allo schermo digitale. Abitualmente con il termine di font si definisce il carattere tipografico che presenti determinate caratteristiche, tali da distinguerlo da altri. In realtà, con il termine font si intende il file che contiene il carattere e l’applicazione per leggerlo e modificarlo, mentre se si utilizza il termine “font” al femminile, si fa riferimento al termine derivato dal francese medievale “fonte” cioè “fusione”.
Storia del font
In ogni caso, le origini del font si rifanno all’epoca medievale, in cui la copia dei testi antichi da parte degli amanuensi veniva effettuata elaborando ed arricchendo la grafia da particolari miniature. Prima dell’avvento della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, i caratteri venivano incisi su tavolette di legno che venivano incise, inchiostrate e impresse su carta attraverso un torchio.
Con la velocizzazione della stampa, fu necessario utilizzare caratteri semplici, privi di orpelli, in quanto così veniva agevolato il processo, rendendolo più economico. Fu così che nacque il carattere Roman, ispirato all’essenzialità delle lapidi latine. Attualmente, nell’accezione comune per Font s’intende un insieme di glifi disegnati con lo stesso stile grafico.
Nel tempo, dal Rinascimento alla fine dell’Ottocento, la creazione di sempre nuovi font ha dato luogo alla nascita di vere e proprie “famiglie” di caratteri, che risultano accomunati per stile, altezza, larghezza. La definizione della famiglia è correlata, nella maggior parte dei casi, al nome dell’inventore. Ad esempio il corsivo, anticamente veniva definito Aldino, dal nome dell’inventore Aldo Manuzio (in inglese definito anche Italic, poiché proveniva dall’Italia). Anche il carattere Garamond o il Bodoni derivano dai nomi degli inventori.
Classificazione dei font
Con l’aumento del numero dei caratteri, si è reso necessario creare delle classificazioni: è così che è nata la suddivisione tra i caratteri Serif (con le grazie) e quelli Sans Serif (senza le grazie, costruiti solo con tratti curvi e dritti. (es. Arial). Dall’Ottocento vi è stata l’evoluzione della stampa, con l’unione della digitazione umana su tastiera e composizione dei caratteri attraverso fonditrice. Nel tempo, la scelta dei caratteri è divenuta essenziale in ambito commerciale, per offrire maggiore visibilità ai prodotti catturando l’attenzione dei consumatori.
A partire dal secolo scorso, dunque, la creazione dei font è divenuta sempre più articolata, e rispondente ai bisogni del pubblico ma anche alla situazione socio-economica del contesto in cui era inserito l’autore. Ad es, nella Germania Nazista si è assistito ad un ritorno a font antichi.
La scelta del font e i caratteri attuali
Negli ultimi decenni l’evoluzione dei font è stata agevolata dal marketing e dalla digitalizzazione, che ha determinato anche un notevole assortimento dei caratteri. Attualmente i cosiddetti “typeface” sono numerosissimi, e possono essere scelti ed utilizzati sia gratuitamente sia con l’acquisto di una specifica licenza.
L’importanza dei font è legata, a partire dagli ultimi decenni, alla funzione rappresentativa dell’identità di grandi marchi e prodotti di uso comune o di lusso. [1]L’importanza e la popolarità dei font sono correlati anche all’acquisizione da parte dei sistemi operativi o software più utilizzati. Ad esempio il font Helvetica, ampiamente diffuso negli anni 70, ha ritrovato slancio a seguito dell’inserimento di Macintosh nel suo sistema operativo.
La storia del Comic Sans, invece, è legata a Microsoft (che lo ha incluso come font standard in Windows 95, Publisher ed Explorer) e al disegnatore Vincent Connare che lo ha creato nel 1994. Il Comic Sans era nato come font semplice e scherzoso, ispirato ai fumetti (comic), ma è divenuto famoso per essere stato usato in contesto tutt’altro che giocoso, in quanto fu scelto al CERN di Ginevra per presentare la famosa scoperta del Bosone di Higgs, suscitando critiche ed ironia sui social e sulla stampa.[2]
La scelta dei font per la stampa e l’editoria
Dalle origini calligrafiche medievali ai caratteri mobili di Gutenberg, dai romani rinascimentali fino alla rivoluzione digitale degli anni ‘80-’90,la storia dei font riflette l’evoluzione tecnologica della comunicazione scritta.
Nel passaggio storico dalla scrittura manuale a quella stampata, la scelta del font di stampa è stata sempre più condizionata dalla resa grafica in stampa e dalla leggibilità dei caratteri. Tale aspetto è tuttora fondamentale anche ai fini della divulgazione di contenuti in ambito didattico o accademico, in quanto la digitalizzazione e la fruizione on line di contenuti ha reso indispensabile optare per caratteri ben visibili, semplici, che agevolino la comprensione senza affaticare il lettore.
La lettura su schermo ha richiesto font ottimizzati per la leggibilità, come Verdana e Georgia: oggi, i font digitali sono progettati per adattarsi a interfacce responsive e supporti ad alta risoluzione. Analogamente, nel campo dell’editoria, il passaggio da complessi macchinari al Desktop publishing, ha consentito la facile fruizione di innovativi software per impaginazione che sono attualmente alla portata di tutti.
E’ noto che esiste una differenza tra documenti dedicati alla stampa e documenti digitali (in formato elettronico). Tale differenza è correlata all’uso o meno dell’inchiostro, in quanto l’applicazione fisica dell’inchiostro sulla carta permette la riproduzione di dettagli fini e piccole modifiche nelle forme delle lettere, mentre i display digitali spesso utilizzano risoluzioni più basse e pixel (come piccoli punti luce) che generano sfocature e non consentono la riproduzione di caratteri complicati.
Spesso, quindi, la risoluzione digitale risulta inferiore alla stampa, anche perché può risentire del sistema operativo, del browser utilizzato, delle dimensioni dello schermo, per cui i font “sans serif” cioè senza grazie risultano più leggibili e riducono la probabilità che la distorsione dei pixel ne comprometta il riconoscimento.[3]
Font nell’analisi forense
L’analisi dei font è essenziale in ambito grafologico forense, in quanto rientra nell’indagine documentale e può consentire di rilevare, anche attraverso l’analisi strumentale, anomalie utili a smascherare possibili falsificazioni.
L’analisi morfologica dei font si occupa dello studio delle caratteristiche strutturali dei caratteri tipografici presenti in un documento, al fine di accertare se vi siano state manipolazioni, discrepanze o anomalie, ad esempio attraverso l’uso di caratteri non coerenti con la datazione del documento o con l’inserimento di più font diversi riconducibili ad aggiunte non corrispondenti al testo originario.
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