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Indagine forense su immagini digitalizzate

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Indagine forense su immagini digitalizzate

le strategie per i professionisti

L’indagine forense su immagini digitalizzate presenta numerosi ostacoli che il professionista in ambito legale deve conoscere e può superare con il supporto di innovazioni come l’intelligenza artificiale

La dematerializzazione ci pone davanti al complesso problema della riproducibilità delle immagini, che va oltre il comprendere la dicotomia copia o originale ma verte piuttosto sull’interrogarsi sulla moltiplicazione delle immagini e dei media digitali e come essi incidano sulle forme di conoscenza, sulla memoria ed esperienza estetica. Tale riflessione diviene ancora più significativa alla luce delle nuove tecnologie, che rendono difficile distinguere tra realtà e finzione e consentono la creazione di immagini realistiche a partire da un semplice input testuale o vocale.

D’altro canto è da considerare, come afferma Gombrich, che “l’occhio che guarda non è mai innocente” e quindi, quando osserviamo un’immagine, ci troviamo forse sempre e solo davanti ad un’interpretazione. La questione principale ruota intorno al modo in cui le immagini vengono percepite, interpretate e riprodotte: le immagini, infatti, non sono statiche ma hanno una complessa fenomenologia che si esprime attraverso diverse modalità di produzione, trasmissione e ricezione.

Nel suo carattere mediale e tecnologico l’immagine può generare anche realtà parallele: ad esempio la realtà virtuale (VR) attraverso immagini digitali immersive genera mondi alternativi con i quali gli utenti possono interagire.

Le immagini ed il paradosso della presenza e assenza

Le immagini secondo Pinotti Somaini[1] sono presenti grazie al loro supporto che le rende visibili e, nonostante ciò, mettono in scena un’assenza di cui sono l’immagine.

Oggi le nuove tecnologie visive hanno introdotto un ampio grado di astrazione della nostra esperienza visiva tanto che non siamo più in grado di verificare la relazione tra un’immagine ed il suo modello. Si ha quindi più fiducia negli apparecchi ottici di quanto non ne abbiamo per i nostri occhi[2]

Immagini e aspetti celati

Le tecnologie moderne – come la fotografia a infrarossi – estendono la soglia del visibile (rendendo percepibile ciò che l’occhio nudo non vedrebbe). Ci troviamo così di fronte a immagini dove convivono elementi visibili chiaramente ed elementi normalmente invisibili, svelati dal dispositivo. Questo enfatizza l’idea che l’immagine è sempre un gioco di soglie: tra ciò che appare e ciò che è celato.

Il ruolo delle immagini nell’indagine grafo-tecnica e documentale in ambito forense

La qualità delle immagini è un fattore cruciale nella grafologia forense, in quanto l’esame tecnico si accompagna sempre ad un’analisi documentale e la risposta peritale può essere fortemente condizionata dalla qualità del materiale indagato.

Le criticità investono non solo la casistica relativa all’esame di documenti originali, ma anche i casi sempre più frequenti di indagine su documenti digitali, in assenza di originali cartacei. Sotto il profilo tecnico e metodologico, sono da considerare due aspetti fra loro concorrenti che incidono sull’efficacia e correttezza dell’analisi tecnica:

  • L’esame ad occhio nudo del documento cartaceo originale può essere insufficiente a scoprire la falsificazione, se non accompagnato da un’analisi strumentale volta ad oggettivare, con immagini ad alta risoluzione, le caratteristiche apprezzabili nella sfera del “non visibile”;
  • In caso di esame su documenti fotocopiati, scannerizzati o digitalizzati, la qualità dell’immagine può non essere idonea od ottimale per indagare ed accertare correttamente la dinamica del tracciato manoscritto e i dettagli del tratto grafico, ma anche le possibili manomissioni del documento.
  • Tali circostanze, unitamente ai rischi e limiti connessi alla efficacia/correttezza della risposta peritale, devono sempre essere contestualizzati rispetto al singolo caso ed evidenziati nella relazione tecnica.[3]

    L’analisi tecnica su immagini digitalizzate

    Negli ultimi anni la trasmissione e la circolazione dei documenti si è direzionata verso la sempre più frequente elaborazione in formato digitale, circostanza che agevola sia la condivisione che la fruizione degli stessi, anche attraverso dispositivi digitali (smartphone e tablet).

    In ambito processuale, la “digitalizzazione” è un fenomeno in evoluzione, in quanto il passaggio dal fascicolo tradizionale cartaceo a quello digitale, aspetto ormai consolidato, coesiste ancora con la produzione documentale cartacea in corso di causa, soprattutto nel caso di accertamenti tecnici demandati all’ausilio del CTU.

    E’ dunque onere del consulente tecnico nominato dal Giudice verificare, preliminarmente, che vi sia conformità tra la documentazione prodotta dalle parti in formato cartaceo (originale o fotocopia) e quella allegata digitalmente nel fascicolo; eventuali difformità possono produrre conseguenze rilevanti sia sotto il profilo tecnico che probatorio.

    Ma come si svolge tecnicamente l’esame su documenti digitalizzati? Le criticità di tale indagine presuppongono un’adeguata preparazione tecnica da parte degli esperti che lavorano in questo settore, in quanto le insidie di una eventuale manipolazione sono molteplici. La qualità delle immagini è il primo fattore da considerare, in quanto anche la semplice scansione con bassa qualità può determinare distorsioni dell’immagine stessa o perdita di dettagli sia nella parte stampata che manoscritta. L’insidia è ancora maggiore se l’analisi riguarda documenti complessi, contenenti timbri, firme o tracciati sovrapposti tra stampa e manoscritto.

    Le variabili chiave che determinano maggiori problemi nell’analisi tecnica sono: risoluzione dell’immagine e della scansione (numero dpi), qualità del colore, formato del file (es. formato immagine o pdf)[4].

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