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Come identificare un falso documentale

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Come identificare un falso documentale

Come cambiano le tecniche di falsificazione dei documenti, alla luce della trasformazione digitale: ecco una panoramica completa con esempi pratici

In un’epoca in cui vero e falso si fondono, dove le applicazioni digitali per creare inganni sofisticati possono essere alla portata di tutti – pensiamo alla facile produzione di audio con voci di personaggi famosi come nel recente caso di audiofake di Giorgia Meloni – è necessario un approccio sempre più approfondito per chi cerca di conoscere e riconoscere la verità.

Il tema della riconoscibilità del falso e delle nuove modalità di creazione di contenuti artefatti, ma apparentemente veritieri, coinvolge sia i documenti tradizionali che quelli elettronici, che possono contenere infatti non solo dati e testi scritti, ma anche immagini e altri elementi audiovisivi.

Con riferimento al falso documentale, la sua creazione e riconoscibilità ha visto un’importante evoluzione nel corso degli ultimi decenni, di pari passo con la trasformazione del documento da analogico a digitale. Si espone di seguito un excursus dell’evoluzione degli accertamenti su falsi tra documenti cartacei e digitali.

L’aggiunta di cifra
Su carta è possibile esperire accertamenti strumentali che permettono di rendere riconoscibili alcune contraffazioni, come nell’immagine sottostante dove è visibile un classico esempio di aggiunta di numero, che cambia vistosamente l’importo di una transazione economica. L’alterazione risulta ben riconoscibile dall’ispezione a raggi infrarossi, che permettono di apprezzare il diverso tipo di inchiostro per stabilire con certezza che non è stata usata la stessa penna, in quanto ogni inchiostro genera una diversa risposta a seconda della lunghezza d’onda utilizzata nella sorgente IR.

Il falso testamento olografo
In caso di documenti “tradizionali” su carta, numerose sono le modalità attraverso le quali una realtà tangibile può trarre in inganno, facendo apparire come genuino ed autentico qualcosa che tale non è. Quando è posta in dubbio la genuinità di un documento, si profilano principalmente due alternative: la creazione artefatta di un documento oppure la alterazione, in alcuni dei suoi elementi, di un documento che di per sè esiste come genuino ed autentico, per cui in tal caso viene posta in essere un’attività di manomissione che può incidere su aspetti formali o sostanziali del documento stesso. Ma vi è una terza possibilità, sempre maggiormente ricorrente nella realtà contemporanea: l’utilizzo di un documento in riproduzione fotostatica, utilizzato come originale.

Riproduzioni fotostatiche ingannevoli
L’ingannevolezza di una riproduzione fotostatica a colori ad alta risoluzione è alla base di accertamenti aventi ad oggetto la pubblicazione di testamenti olografi. La pubblicazione del testamento olografo presuppone l’esistenza e la disponibilità dell’originale del documento manoscritto e il Notaio che redige il processo verbale di pubblicazione descrive anche formalmente la composizione del documento e le sue caratteristiche apparenti, pur senza entrare nel merito della genuinità dello stesso. Oggi riprodurre la copia di un documento, visivamente confondibile con il suo originale, è particolarmente agevole e le circostanze che potrebbero indurre alla pubblicazione della fotocopia di un testamento, in luogo dell’originale, possono essere molteplici: il mero errore oppure il consapevole utilizzo della fotocopia per l’indisponibilità dell’originale (mai rinvenuto, distrutto, occultato etc..). L’evoluzione tecnologica consente attualmente di ottenere copie sempre più verosimili, così creando un’apparenza del vero difficilmente smascherabile senza il ricorso ad adeguata strumentazione. Di norma il contatto tattile con il documento manoscritto consente di distinguere l’originale da una riproduzione fotostatica o digitalizzata, attraverso la percezione del rilievo del tracciato sul supporto cartaceo. Tuttavia, le moderne tipologie di penna, realizzate prevalentemente con punta morbida e sostanza inchiostrante a base di gel o con componente di acqua (penne roller), rendono meno visibile l’appoggio pressorio, per cui anche i documenti redatti in originale potrebbero rendere non percettibile il tracciato all’esame tattile. La diffusione di documenti redatti con penne gel o pennarello, con pressione poco rilevabile e dalla colorazione vivida ed intensa, facilita l’inganno ad occhio nudo con un prodotto digitalizzato (o copia fotostatica) di elevata qualità, soprattutto se a colori. E’ plausibile, quindi, che se un testamento olografo viene riprodotto per effetto di fotocopiatura a colori o scannerizzazione e successiva stampa a colori, su un supporto cartaceo di elevata grammatura possa essere facilmente “confuso” con l’originale, pur non percependo il rilievo del tracciato, confondendo l’effetto visivo della stampa con l’utilizzo di una penna gel o roller. In tale ipotesi, l’accertamento della originalità del documento può essere espletato solo attraverso l’utilizzo di strumentazione che consente di rilevare le caratteristiche della traccia inchiostrata che, in ipotesi di riproduzione meccanica, rileverà la presenza delle particelle tipiche dell’effetto di stampa non solo nella conformazione del tracciato ma sull’intero campo grafico, ovvero su tutta la pagina.

I documenti di riconoscimento
L’avvento delle nuove tecnologie digitali e l’implemento di software sempre più sofisticati di rielaborazione delle immagini, ha mutato anche le modalità di falsificazione documentale, che si avvalgono sempre più frequentemente di elaborazioni digitalizzate, spesso difficili da riconoscere. Tale aspetto rappresenta una criticità significativa relativamente alla falsificazione di documenti di riconoscimento, casistica molto diffusa soprattutto in seguito al fenomeno dell’immigrazione. Fino a qualche decennio fa la falsificazione dei documenti di riconoscimento, ad esempio passaporto e carta d’identità, era agevolata dalle caratteristiche “fisiche” del documento, che prevedeva, ad esempio, l’applicazione manuale della foto e dei timbri, la firma apposta a penna e una tipologia di carta priva di caratteri, anticontraffazione. Negli anni più recenti sono state implementate misure antifrode al passo con l’evoluzione dei falsi, che tengano conto delle possibili alterazioni sia del tessuto cartaceo che degli inchiostri ma anche delle immagini del soggetto titolare del documento. Tuttavia, la falsificazione dei documenti è sempre possibile in quanto spesso viene utilizzata a fini identificativi la semplice riproduzione cartacea del documento originale, e non il documento stesso.

Documenti di identità alterati con i software
L’alterazione dei dati del documento originale attraverso l’uso di software di rielaborazione di immagini è attualmente alla portata di tutti ed è molto diffuso l’uso fraudolento di copie di documenti identificativi “alterate” digitalmente da parte di minori, per l’accesso a servizi destinati a maggiorenni. Nei passaporti più recenti sono state adottate misure anticontraffazione volte a ridurre il rischio di manomissioni o alterazioni delle immagini, proteggendole con apposite pellicole olografiche, talvolta anche contenenti elementi diffrattivi. Questa tecnologia anti-contraffazione consiste nell’applicazione della pellicola plastica alle pagine dei documenti contenenti dati da proteggere, o mediante pressione (pellicola fissata a freddo) e/o calore (pellicola fissata a caldo). Insieme alla pellicola possono essere incorporati specifici elementi di sicurezza.

I trattamenti maggiormente utilizzati sono i seguenti:

sovrastampa di elementi di sicurezza – solitamente impressi sul retro della pellicola o tra lo strato di adesivo e la pellicola, in modo da essere protetti dall’usura e dalle manomissioni;

goffratura della pellicola di sicurezza – si tratta di elementi della pellicola percettibili al tatto, come motivi complessi di linee sottili o microstampe;

pellicola di sicurezza integrata mediante rilegatura – protegge solitamente le fotografie e i dati anagrafici stampati all’interno dei passaporti. Al fine di prevenire manipolazioni, la pellicola viene integrata nel libretto del passaporto mediante la rilegatura.

In alcuni casi possono essere applicate pellicole iridescenti che presentano variazioni di colore quando cambia l’angolo di osservazione, l’inclinazione o l’illuminazione. L’uso di documenti falsi, alterati o appartenenti ad altri soggetti è ancora molto frequente nella stipula di contratti per la fornitura di servizi oppure on line, ove non sia richiesta l’esibizione del documento originale. Tale modalità espone anche al rischio di utilizzo improprio o fraudolento di dati personali.

Cosa dice il Garante privacy
Di recente il Garante della Privacy si è pronunciato su un caso di attivazione impropria di schede SIM in un negozio di telefonia mobile, avvenuta a seguito di presentazione del documento in fotocopia e con indicazione di iban inesistente. Il provvedimento ha disposto sanzione pecuniaria di ben novantamila euro alla società emittente le sim, per illecito trattamento di dati personali

La falsificazione dei dati biometrici del volto
Nonostante l’evoluzione delle metodiche anticontraffazione, sono ancora frequenti i casi di falsificazione dei documenti di riconoscimento, soprattutto grazie a innovative tecniche di manipolazione digitale delle immagini, tra cui il cosiddetto “morphing”, che riesce ad eludere anche i controlli basati sui dati biometrici del volto. Il morphing è la tecnica in base alla quale due immagini facciali vengono fuse insieme e rielaborate al fine di creare una nuova immagine sintetica che contenga le caratteristiche di entrambi i soggetti coinvolti. Tale metodica consente di ingannare i sistemi di riconoscimento facciale biometrico, e di consentire l’uso del documento da parte di entrambi i soggetti, in quanto le caratteristiche contenute nell’immagine modificata consentono l’autenticazione dell’identità di due persone distinte. Il rischio di tale tecnica di falsificazione è che può essere utilizzata già in sede di richiesta del documento d’identità, con la conseguenza che il documento, una volta, creato, risulterà di fatto originale e privo di alterazione. Nei passaporti di ultima generazione, contenenti i dati biometrici, al fine di scoraggiare alterazioni e falsificazioni, è previsto l’inserimento di un chip contenente sia dati anagrafici che biometrici. Il passaporto biometrico utilizza la tecnologia RFID, con un microchip posto direttamente sul passaporto. Le informazioni del possessore sono sia stampate sulla pagina dei dati che salvate elettronicamente. Per autenticare i dati salvati nel chip, viene utilizzata l’infrastruttura a chiave pubblica (PKI) che rende più difficile la falsificazione. Tuttavia, anche tale tecnologia RFID non è esente da rischi, soprattutto perché i dati contenuti nel chip potrebbero essere letti a distanza superiore da quella del lettore utilizzato in fase di controllo, con possibile uso da parte di soggetti non autorizzati. Inoltre, l’aumento del fenomeno migratorio ha amplificato il mercato del falso e attualmente non è difficile imbattersi, tramite il web o chat apposite, in veri e propri esperti nella creazione di documenti falsi, che hanno creato anche un listino dei prezzi applicabili in base al tipo di documento e che comprende ormai anche i passaporti biometrici.

L’avvento della IA nella falsificazione di contenuti e testi
L’avvento dell’Intelligenza Artificiale ha comportato un’amplificazione delle ipotesi di falsificazione e alterazione della realtà, in quanto anche la creazione di contenuti è potenzialmente artefatta attraverso l’uso di software che consentono la rielaborazione automatica di testi scritti o di immagini. In particolare, la diffusione di programmi di IA in grado di creare, sintetizzare o interpolare testi, ha reso difficoltosa la distinzione, anche a fini didattici o divulgativi, della veridicità o autenticità dei contenuti inseriti in documenti o articoli. Basti pensare che anche in ambito scolastico l’utilizzo dell’IA per creare documenti, generare sintesi di testi, rielaborare contenuti a partire da input verbali, o proporre soluzioni a quesiti, è ormai una realtà diffusa che obbliga ad un particolare controllo sull’effettiva validità dei test somministrati agli allievi. I software di IA come ChatGPT, inoltre, non sono in grado di fornire la fonte delle informazioni utilizzate, per cui la creazione di contenuti diviene insidiosa e non documentabile, esponendo a rischi soprattutto in ambito didattico ed accademico.

La firma digitale – criticità e rischi
Sebbene la firma digitale sia considerata una delle modalità più sicure per la sottoscrizione dei documenti, i rischi correlati a tale tipologia di firma sono particolarmente insidiosi, in quanto coinvolgono spesso la fase stessa di creazione della firma. La firma digitale è uno strumento di certificazione dell’identità dell’autore del documento per cui un’eventuale falsificazione configura un’ipotesi di reato ai sensi dell’art. 485 del Codice penale (Falsità in scrittura privata). Tuttavia è da considerare che, a seconda che la falsificazione si verifichi durante l’ottenimento della firma digitale o successivamente (durante la produzione del documento) sono previste diverse tipologie di reato:

– Truffa del certificatore di firma digitale
– Falsa dichiarazione al certificatore di firma elettronica
– Falsità in documento informatico pubblico o privato.

La diffusione dello strumento di firma digitale va di pari passo con la creazione di una normativa atta a tutelare i cittadini dai reati di truffa per falsificazione o manomissione dei certificati e dei documenti. Proprio per scongiurare possibili falsificazioni è possibile verificare la validità della firma digitale attraverso appositi software, alcuni totalmente gratuiti, che convalidano la firma stessa. Le soluzioni per la verifica della firma digitale constano di specifici software in grado di aprire e gestire i file e di leggere la firma e le sue caratteristiche. Tali software sono gratuiti, di pubblico accesso e rispondono a tutti i requisiti normativi specifici. Tuttavia si può verificare che, nel processo di creazione del documento – specialmente se contiene più firme, manuali o grafometriche e firme digitali – risulti un’incongruenza tra la data del documento e la data/tempo di apposizione delle firme. L’inserimento della “marca temporale” attesta la validità della firma digitale non soltanto in base al certificato di firma, ma anche in base alla sequenza di apposizione delle firme sul documento, e consente di accertare se vi sono state anomalie nel confezionamento dello stesso. Il software Firma Certa, Fornito da un ente certificatore accreditato presso l’AgID, permette di verificare sia la firma digitale sia la marcatura temporale anche su più file contemporaneamente. La grande storica e filosofa Hannah Arendt (1906-1975) anticipando i tempi, ci metteva già in guardia sulla difficile distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso, e adesso ci domandiamo – tra news e fakenews – quali sono i modi più sicuri per garantire la vera identità in un epoca in cui non vi sono netti confini? Seguendo il pensiero della filosofa Arendt ogni soggetto è in grado, attraverso parole e atti, di esprimersi in modo unico, e se c’è una natura umana, essa consiste nell’irriducibile pluralità degli esseri umani, nella costitutiva diversità di ciascuno rispetto a ciascun altro.

Unicità dimostrabile attraverso i dati biometrici della firma
Gli accertamenti su firma grafometrica mostrano con percentuale elevata che, attraverso i dati biometrici di soggetti diversi acquisiti da firme redatte con dispositivi grafometrici, si rende più difficile la falsificazione. Le componenti biometriche della scrittura evidenziano l’unicità del soggetto in quanto si mantengono inalterati i parametri ritmici personali (biometria comportamentale). Anche scrivendo parole diverse si estrapola un aspetto univoco ritmico che rende difficile la falsificazione.

Conclusioni
In questo excursus abbiamo messo in evidenza come nel labile confine tra realtà e finzione vi siano numerose forme di falsificazione nel passaggio da carta a digitale e come alcuni accorgimenti siano utili anche per il non esperto per difendersi da possibili truffe e manipolazioni fraudolente. Il professionista che opera alla ricerca della verità deve essere a conoscenza dei molteplici strumenti di falsificazione sempre più insidiosi. Inoltre abbiamo messo in luce come le firme grafometriche appaiono maggiormente sicure per salvaguardare la propria identità grafica in quanto i dati biometrici in esse contenute risultano rivelatori dell’unicità del soggetto scrivente, e non possono essere alterati – salvo attacchi hacker al software – né in caso di imitazione né di dissimulazione (alterazione volontaria della propria scrittura).Del resto potremmo riflettere sul fatto che come suggeriva Hannah Harendt ciò che accomuna gli umani è il loro essere irrimediabilmente unici!

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